Il lavoro che presento in questo articolo sull’Arteterapia in gravidanza è di Serena Baretti, artista e arteterapeuta in formazione in Artedo. Diventata mamma da poco e avendo così vissuto tutti i cambiamenti emotivi e fisici che sono legati alla maternità, l’idea del lavoro sul calco del pancione materno nasce dal desiderio, personale prima di tutto, di valorizzare la femminilità nel momento più delicato in cui ogni donna si prepara ad accogliere ed accudire una nuova vita. “Non mi sentivo pronta ma poi lo sono diventata. In fondo, nessuno ti dà un libretto di istruzioni”, afferma sorridente. “Così, ho deciso di mettere a disposizione di altre future mamme la gioia e ogni sconvolgimento che ho vissuto in prima persona e che ho affrontato con l’aiuto dell’arte e dell’arteterapia”. Vi lascio alle sue parole, alla cui resa efficace spero di aver dato la giusta forza, non prima di aver ringraziato lei (all’opera nella foto di copertina), per il contributo che ospito, e le mamme che hanno concesso la liberatoria alla divulgazione delle immagini.
Il calco in gravidanza
L’immagine del calco celebra la grandezza della donna e del suo potere che va oltre. Ritengo utile questo lavoro per diversi motivi:
- intanto, perché permette di immortalare e rendere concrete le emozioni delle mamme che, attraverso di esso, creano un legame comunicativo con il bimbo all’interno di una scultura;
- poi, perché la forma che contiene il feto è l’essenza stessa della maternità;
- infine, perché, dopo la nascita, lo stesso calco, imbottito e reso morbido come un nido, può nuovamente contenere il bambino. Così, il piccolo si sentirà nuovamente protetto e contenuto, come all’interno della pancia della madre, e sostenuto nel passaggio dall’ambiente interno, più contenitivo, a quello esterno, oggettivamente più freddo e dispersivo.
Per questo motivo, oggi più che mai, anche se se ne parla ancora poco, ritengo sia importante introdurre l’arteterapia in un percorso di preparazione alla nascita: per aiutare le nuove mamme ad ascoltarsi e a vivere questo momento come uno dei più belli e unici della loro vita. Oltre che per accompagnarle alla consapevolezza di sé e di ciò che si sta muovendo dentro. E, come tutti i lavori che devono acquisire un senso forte per chi vi si dedica, ho iniziato molto presto la fase di preparazione. Molte delle mie amiche (le chiamerò così) avevano appena saputo di essere in dolce attesa.
Ma bisognava partire da lontano, lavorare sull’introspezione e sul benessere, prima che il pancione prenda forma. E che la fiducia delle future mamme sia completa verso il conduttore. Cioè, verso di me.
Il momento giusto
Il periodo migliore per realizzare il calco in gesso è quello compreso tra la trentaduesima e la trentottesima settimana di gravidanza, quando il pancione è rotondo e bellissimo. Ma non è una regola: si possono posare le bende anche il giorno prima del parto, visto che creare il calco in gesso sul corpo è una procedura dolcissima che non nuoce né alla mamma, né al bambino. Tra l’altro, oltre ad immortalare momenti preziosi di libertà espressiva che non si vorrebbero dimenticare, costellati di forti emozioni e così incredibili da volerli ricordare per sempre, il calco in gesso ha delle funzioni specifiche in un percorso di preparazione alla nascita.
- Innanzitutto, conservare il prezioso guscio dopo la nascita, rievoca ad ogni contatto la memoria sensoriale: la mamma può toccare ancora ciò che ha accarezzato, in uno dei momenti più belli e straordinari della vita di una donna.
- Il guscio rievoca la memoria del corpo femminile e delle sue trasformazioni, ne fa comprendere realmente la sua funzione in modo consapevole e reale.
- Attraverso il calco, la donna diventa parte attiva del processo di creazione artistica. Creatività e creazione hanno la medesima radice etimologica. Così, la futura mamma è parte del momento di “creazione prima della procreazione”, simbolicamente ed emotivamente straordinario. Cioè, essa non è solo spettatrice nella preparazione della scultura che indossa ma ne sperimenta, attraverso la sua complessità, la profondità e l’unicità (perché ogni pancione ha una forma unica, mai uguale ad altri, come unica è ogni gravidanza di per sé e come unico sarà ogni bambino) che anticipano l’accoglienza.
Vita che prende forma
Posso affermare che il calco è “vita che prende forma“. Trovo impressionante, infatti, come le dieci mamme, al cui pancione ho fatto il calco, lo abbiano vissuto e visto in modo delicato e personale. In fondo, era già la forma del loro bimbo. Non diversamente da come, in un secondo momento, abbiano voluto condividere in gruppo le sensazioni da cui sono state accomunate.
I calchi creano, infatti, un’atmosfera incantevole e anticipano la magia della maternità. Non semplici oggetti ma simboli eterei che concretizzano e fermano il miracolo della trasformazione della femminilità, marcandone tratti fondamentali che appartengono alla percezione di sé della futura mamma ma anche a come essa si percepisce al di fuori di sé.
Premetto che prima di iniziare la posa ho avuto dubbi e perplessità su ciò che effettivamente questo lavoro poteva smuovere nella madre. Perché, per lei, diventa quasi un vedersi al di fuori di sé. Ma con la giusta atmosfera e il giusto contenimento sapevo che sarebbe andato tutto bene.
Fasi del lavoro
A questo punto la madre ci arriva nella fase finale del lavoro, dopo un lungo lavoro introspettivo e di comunicazione con il feto. Infine, raggiunta una buona consapevolezza di sé, può avere inizio l’attività di realizzazione del calco.
- Scelgo le musiche,
- preparo acqua tiepida e bende gessate mediche, completamente atossiche e anallergiche,
- creo l’atmosfera.
La mamma deve essere comoda: lo spiego chiaramente, poiché il procedimento è un po’ lento e può essere più complesso in base a cosa viene inglobato nella struttura. Spetta a lei decidere, ad esempio, se comprendere solo la pancia o anche i seni e le spalle. A volte, la futura mamma chiede di imprimere l’impronta delle mani
- del compagno
- o le proprie
- o addirittura del primo figlio.
Le mani nel calco sono importantissime, specie in arteterapia: le mani sono già di per sé comunicative nell’atto in cui noi le usiamo per
- dare amore attraverso un gesto, una carezza o
- per dare sicurezza.
Teniamo forte la mano dei nostri bimbi e attraverso le mani diamo loro un senso di protezione e di guida. Creano legame che non vorremmo interrompere e, per tutti questi motivi, hanno una forte valenza simbolica impresse sul calco che diventerà la prima culla del nascituro.
Un’esperienza incredibile
Durante la posa delle bende, esercito un lieve massaggio che rilassa la mamma e arriva dolcemente al bambino: da lì parte già un’attivazione comunicativa. In arteterapia questo processo serve poiché, in questo periodo, il bambino ha preso familiarità con i rumori esterni, con le voci che lo rassicurano e lo si sente meno muoversi. Ma, durante la posa delle bende, il piccolo viene stimolato alla comunicazione dal terapeuta che esegue il calco (in questo caso, da me) e che offre un mezzo per riattivare la comunicazione che si esprime nel movimento che viene percepito dalla madre.
Quello che avviene è, per la coppia madre-bambino, un’esperienza stupenda, unica e irripetibile. In circa venti minuti tutte le bende sono posate. Servono almeno due o tre strati di bende per rendere forte e stabile la struttura. Occorrono altri venti minuti perché il guscio si indurisca e possa essere staccato con una leggera contrazione dell’addome della mamma. Momento in cui si possono notare anche le impronte dei piedini del bimbo (potete immaginare la faccia della mamma a vedere questo spettacolo?).
E’ meraviglioso notarlo attraverso l’espressione facciale delle mamme, a volte accompagnata dalle lacrime di commozione e dall’emozione di quel preciso momento.
- Vedere la forma della pancia da una prospettiva diversa da come viene vissuta,
- prenderne una piena consapevolezza e
- cogliere l’immensità e la profondità del corpo che, in quella forma, diventa un guscio prezioso che contiene la vita,
diventano simboli indelebili della maternità e del suo intrinseco processo trasformativo.
Un nido decorato per il feto
Poi, il guscio,
- verbalizzato,
- carteggiato e
- decorato da ogni mamma con le immagini più importanti della sua vita (come accade per il body painting),
potrà accogliere e fare da nido al bimbo stesso, in un continuum di magia e fusione con la mamma, anche una volta fuori dalla sua pancia.
Il bambino, così, continua a sentirsi protetto e avvolto dal guscio del pancione pur essendo ormai fuori. Ed ecco il senso di tutto: il guscio diventa vita che accoglie la vita.
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